Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico. L’appello di medici e scienziati

Fonte Scienzainrete che ringraziamo

Sintesi

Dal 1978, data della sua fondazione, al 2019 il SSN in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito. Ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali. Questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del PIL (meno di vent’anni fa).

Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato. Progredire su questa china, oltre che in contrasto con l’Art.32 della Costituzione, ci spinge verso il modello USA, terribilmente più oneroso (spesa complessiva più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni). La spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud d’Italia in termini di diritto alla salute.

È dunque necessario un piano straordinario di finanziamento del SSN e specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali. La allocazione di risorse deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo e appropriatezza nell’uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la sostenibilità del sistema. Ancora, l’SSN deve recuperare il suo ruolo di luogo di ricerca e innovazione al servizio della salute.

Parte delle nuove risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni, e uno su tre è stato costruito prima del 1940. Ma il grande patrimonio del SSN è il suo personale: una sofisticata apparecchiatura si installa in un paio d’anni, ma molti di più ne occorrono per disporre di professionisti sanitari competenti, che continuano a formarsi e aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa. Nell’attuale scenario di crisi del sistema, e di fronte a cittadini/pazienti sempre più insoddisfatti, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti a una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico, soprattutto dai luoghi di maggior tensione, come l’area dell’urgenza. È evidente che le retribuzioni debbano essere adeguate, ma è indispensabile affrontare temi come la valorizzazione degli operatori, la loro tutela e la garanzia di condizioni di lavoro sostenibili. Particolarmente grave è inoltre la carenza di infermieri (in numero ampiamente inferiore alla media europea).

Da decenni si parla di continuità assistenziale (ospedale-territorio-domicilio e viceversa), ma i progressi in questa direzione sono timidi. Oggi il problema non è più procrastinabile: tra 25 anni quasi due italiani su cinque avranno più di 65 anni (molti di loro affetti da almeno una patologia cronica) e il sistema, già oggi in grave difficoltà, non sarà in grado di assisterli.

La spesa per la prevenzione in Italia è da sempre al di sotto di quanto programmato, il che spiega in parte gli insufficienti tassi di adesione ai programmi di screening oncologico che si registrano in quasi tutta Italia. Ma ancora più evidente è il divario riguardante la prevenzione primaria; basta un dato: abbiamo una delle percentuali più alte in Europa di bambini sovrappeso o addirittura obesi, e questo è legato sia a un cambiamento – preoccupante – delle abitudini alimentari sia alla scarsa propensione degli italiani all’attività fisica. Molto va investito, in modo strategico, nella cultura della prevenzione (individuale e collettiva) e nella consapevolezza delle opportunità ma anche dei limiti della medicina moderna.

Molto, quindi, si può e si deve fare sul piano organizzativo, ma la vera emergenza è adeguare il finanziamento del SSN agli standard dei Paesi europei avanzati (8% del PIL), ed è urgente e indispensabile, perché un SSN che funziona non solo tutela la salute ma contribuisce anche alla coesione sociale.

Firmato:

Ottavio Davini, Enrico Alleva, Luca De Fiore, Paola Di Giulio, Nerina Dirindin, Silvio Garattini, Franco Locatelli, Francesco Longo, Lucio Luzzatto, Alberto Mantovani, Giorgio Parisi, Carlo Patrono, Francesco Perrone, Paolo Vineis

Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico

In Italia una delle più grandi conquiste della Repubblica è il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che ha contribuito significativamente a migliorare prospettiva e qualità di vita e a ridurre le disuguaglianze socioeconomiche.

Negli ultimi decenni, in un contesto di marcato miglioramento delle condizioni generali di salute della popolazione mondiale, l’Italia si caratterizza per il maggior incremento – tra i Paesi ad alto reddito – dell’aspettativa di vita, passata da 73,8 a 83,6 anni tra il 1978 (che è l’anno di creazione del SSN) e il 20191. Ma se segnali preoccupanti si percepivano già prima del 2019, dopo la pandemia molti dati dimostrano che il sistema presenta inequivocabili segni di crisi: frenata o arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente – e talora insostenibile – di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali, per citare solo i problemi più importanti.

Quali sono le cause principali? L’inarrestabile evoluzione tecnologica, con il conseguente incremento dei costi, l’invecchiamento della popolazione e il mutamento degli scenari delle malattie, congiuntamente all’inflazione e alle difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato circa il 6,2% del PIL2, meno di quanto (6,5%) accadeva 20 anni fa. Oltre al divario tra costi crescenti e finanziamento decrescente e a un carico di inefficienza e inappropriatezza, manca un vero dibattito sul nesso tra sostenibilità e diritto alla salute.

1. Possiamo fare a meno del SSN?

I Servizi Sanitari universalistici come quello italiano sono stati colpiti duramente dalla crisi economica del 2009, e in alcuni casi (Grecia, Spagna, Portogallo) hanno ridimensionato grandemente il ruolo del pubblico a favore del privato (con una conseguente crescita della spesa sanitaria direttamente a carico dei cittadini)3. Dal sistema pubblico viene ancora garantita a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per un’altra parte dell’assistenza (visite specialistiche, accertamenti diagnostici, piccola chirurgia) la popolazione è costretta a rinviare gli interventi o indotta a ricorrere al privato e alle assicurazioni. Progredire su questa china, oltre a essere contrario al dettato costituzionale (Art. 32)4, potrebbe portarci verso il modello USA, che è chiaramente il più oneroso (spesa media più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni)5,6. Noi crediamo che i cittadini non vogliano scegliere questo scenario. >>>

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Progettare la lotta politica per la sanità pubblica (seconda parte)

Riprendiamo da Dinamopress la seconda parte di questo importante articolo di Luca Negrogno . Ringraziamo Dinamopress e l’Autore per questo  contributo alla riflessione sulla crisi del SSN ,  per una nuova stagione delle pratiche della cura, per una ri/nascita del SSN . La prima parte dell’articolo è linkabile QUI 

 

Fonte  Dinamopress

Autore: Luca Negrogno

Nella seconda e ultima parte di questo articolo, le prospettive teoriche e politiche delle lotte sulla salute, dall’analisi critica del settore pubblico alle nuove forme di politicizzazione delle pratiche della cura

LA RIFLESSIONE TEORICA NELLE NUOVE FORME DI MOBILITAZIONE SULLA SALUTE: RIPOLITICIZZAZIONE DELLA CURA E SOLIDARIETÀ

Donatella Della Porta e Mario Diani, indagando il rapporto tra mobilitazioni sociali e sistemi di welfare, hanno indicato come centrale nelle lotte sociali la capacità di «spostare i confini tra pubblico e privato», superando la visione evolutiva dei cluster di diritti (civili, sociali e politici) e mostrando come tale ridefinizione contribuisca a forgiare e a permettere l’emersione di nuove soggettività, che a loro volta riarticolano con la loro presenza il campo politico complessivo. Le lotte sociali novecentesche hanno favorito «l’espansione del ruolo dello stato» che, intervenendo «con crescente frequenza nei settori relativi alla vita privata, in particolare attraverso la fornitura di servizi sociali e l’azione delle agenzie assistenziali», ha anche prodotto «un maggiore controllo su aspetti della vita che in precedenza sarebbero stati lasciati alla regolamentazione autonoma degli attori sociali, con esiti ambivalenti. L’estensione del servizio sanitario pubblico, ad esempio, ha favorito la standardizzazione dei metodi terapeutici e il trattamento di eventi cruciali nell’esperienza degli individui, come la maternità. È seguita una tendenza alla burocratizzazione e alla razionalizzazione della sfera privata» (Dalla Porta) su cui sono intervenute le critiche di nuove soggettività che a loro volta hanno modificato il campo della riflessione politica. Il movimento femminista, i movimenti di critica alla psichiatria, i gruppi attivi contro la nocività degli ambienti urbani hanno sì propugnato una «estensione del welfare, ma anche una trasformazione delle istituzioni dello stato sociale».

Sempre seguendo la riflessione di Della Porta e Diani, se «molta ricerca, focalizzata su movimenti sociali progressisti, ha sottolineato il loro ruolo nell’espansione dei diritti», tale estensione non è nè univoca nè lineare: «Marshall ha suggerito una evoluzione dai diritti civili a quelli politici e sociali, in realtà le lotte per questi diritti sono state spesso intrecciate, mobilitando sempre nuovi gruppi sociali, dalle donne ai migranti».

L’analisi del rapporto tra lotte sociali e welfare va quindi condotta tenendo conto della mutevolezza e dell’articolazione interna dei diversi gruppi sociali, della trasformazione dei gruppi sociali stessi e del loro rapporto con la configurazione degli ambiti di intervento statale – anche nei termini della retroazione esercitata dai nuovi fronti di diritto istituiti con le lotte precedenti.

 

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Progettare la lotta politica per la sanità pubblica (prima parte)

Riprendiamo da  Dinamopress questo importante saggio che contribuisce a capire meglio la storia, gli assalti esterni e le criticità  interne del SSN da affrontare per invertirne  la rotta  di destrutturazione e declino. Ringraziamo Dinamopress e l’autore  Luca Negrogno  .  

Fonte Dinamopress 

Autore: Luca Negrogno

In occasione del centenario della nascita di Giulio Maccacaro, medico tra i fondatori di Medicina Democratica, pubblichiamo la prima parte di questo saggio sulle prospettive politiche delle lotte sociali e il Servizio Sanitario Nazionale

Osservare il Servizio Sanitario Nazionale nel rapporto con le lotte sociali permette di considerarne la nascita, le funzioni e le trasformazioni all’interno di un framework complesso, capace di illuminare le dimensioni materiali, culturali e istituzionali sulle quali è maggiormente necessario intervenire per invertire la rotta della sua destrutturazione. Oggi che «il Ssn si trova al centro della più perfetta delle tempeste, la più grave dalla sua istituzione», come scrivono Chiara Giorgi e Francesco Taroni, la ricerca sul quadro storico e concettuale in cui si sono svolte le lotte necessarie per la sua istituzione, sui controversi processi della sua gestione istituzionale e sugli “assalti” reazionari orientati alla sua distruzione (così li ha recentemente indicati Nerina Dirindin – e noi accettiamo solo momentaneamente tale definizione in quanto rischia di porne l’origine esclusivamente all’esterno del sistema, oscurando quanta parte della destrutturazione reazionaria sia emersa dalle stesse contraddizioni interne della sua lacunosa gestione istituzionale) risulta necessario in primo luogo per evitare che la crisi di questa fondamentale istituzione di civiltà venga avvertita come una imponderabile fatalità, rispetto alla quale sia impossibile, inutile o insensato opporsi.

Obiettivo delle lotte attuali dovrebbe essere infatti rivitalizzare la pensabilità e la credibilità dell’ipotesi di un Servizio Sanitario Nazionale di fronte alle avversità date sia dalla modificazione delle caratteristiche strutturali del contesto sociale (epidemiologiche, demografiche, tecnologiche), sia dalla situazione geopolitica e dalle trasformazioni della governance sovranazionale – con le loro significative conseguenze sulle condizioni macroeconomiche e culturali su cui la possibilità di un servizio sanitario universalistico si basa (la caduta in disgrazia della redistribuzione della ricchezza verso il basso e della tassazione progressiva dei redditi, in primo luogo).

Osservato da una visuale che voglia coglierne l’incrocio strutturale con le lotte sociali, il Servizio Sanitario Nazionale appare come un’istituzione il cui senso è inscritto nelle logiche dell’azione pubblica e risente delle sue trasformazioni. Esso va letto cioè sul terreno di una costante dialettica tra spinte dal basso, rivolte alla socializzazione del lavoro riproduttivo, e tentativi di appropriazione privatistici, la cui interazione e il cui relativo equilibrio danno luogo a processi costituenti –- da cui derivano specifiche configurazioni istituzionali – costantemente contesi tra innovazioni progressiste e resistenze reazionarie. Come hanno messo in luce i recenti lavori di Chiara Giorgi (20212023), il modo in cui si sono evolute la struttura, le funzioni e le articolazioni del servizio sanitario stesso, le diverse composizioni delle soggettività che vi hanno agito, anche all’interno di una dialettica conflittuale, le sintesi momentanee, gli accomodamenti e le divaricazioni venute in essere tra loro, i risultati e i limiti della loro azione (nella mutevolezza dei contesti storici: vale a dire lungo le diverse fasi della sua istituzione, del suo malgoverno, dei suoi svariati tentativi di razionalizzazione) costituiscono un oggetto d’analisi che è necessario delineare unitariamente, al fine di osservare efficacemente gli attuali elementi di crisi e le possibilità di contribuire al loro superamento con l’azione politica.

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ILO: Incrementare il lavoro dignitoso per i rifugiati e le comunità ospitanti

Fonte ILO 

Il ruolo chiave dell’occupazione nel rafforzare l’autosufficienza dei rifugiati e nel rafforzare la loro protezione è stato discusso al Global Refugee Forum del 2023.

GINEVRA (Notizie dall’ILO) – Il ruolo chiave dell’occupazione e del lavoro dignitoso nella protezione e nell’autosufficienza dei rifugiati e delle comunità ospitanti è stato evidenziato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) in occasione del Forum Globale sui Rifugiati del 2023 che si terrà dal 13 al 15 dicembre.

Il Forum, che si tiene ogni quattro anni, è il più grande raduno internazionale sui rifugiati al mondo. È progettato per supportare l’attuazione pratica degli obiettivi stabiliti nel Global Compact sui rifugiati .

A metà del 2023 si contavano 110 milioni di sfollati forzati in tutto il mondo , 36,4 milioni dei quali erano rifugiati. I delegati al Forum hanno sottolineato l’importanza di affrontare la crescente crisi globale di sfollati collegando le azioni umanitarie con un approccio di sviluppo e costruzione della pace.

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Sante Bajardi , un impegno che non dimenticheremo

Per ricordare Sante Bajardi che ebbi la fortuna di incontrare  in diversi Seminari e Convegni all’inizio degli anni 80 quando si costruivano i primi Servizi di Medicina del Lavoro e i primi Dipartimenti di Prevenzione . Allora Sante era Assessore alla Sanità della Regione Piemonte , voglio ricordare la sua determinazione e. intelligenza  nel costruire un Servizio Sanitario pubblico che tutelasse tutti i cittadini a cominciare dai più esposti ai rischi negli ambienti di lavoro. Editor – Gino Rubini

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Per scaricare in formato pdf la Rivista Promozione  clicca QUI 

” The quiet quitting, ovvero , Ma chi me lo fa fare ? ” Podcast di Diario Prevenzione -29 novembre 2023 – Puntata n° 114

 

a cura di Gino Rubini

Benvenute/i ad un podcast senza fronzoli.

In questa puntata parliamo di:

– CIIP: Un documento sui rischi connessi all’impiego di Diisocianati e Poliuretani
– Appello globale per il monitoraggio della salute dei lavoratori su The Lancet
– Condizioni di lavoro deplorevoli per i lavoratori che lavorano alla ristrutturazione degli edifici COP28
– Nuovi rischi lavorativi: stress lavoro correlato e rischi psicosociali
– Lavoro, la grande fuga e il fenomeno nuovo del ” The quiet quitting, ovvero , Ma chi me lo fa fare ? ”  **

Buon ascolto ! 

** Riferimenti

  • Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi
  • Andrea Colamedici Maura Gancitano – Ma chi me lo fa fare ? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo – Harpercollins
  • Jim T. Harper – The Quiet Quitting Crisis. A Comprehensive Guide to Detecting, Preventing and Addressing Quiet Quitting in the Workplace – Be Wise Media

 

Perché gli infortuni sul lavoro non calano come dovrebbero?

 

 

Fonte:   ilmanifesto in rete

Autore: Maurizio Mazzetti che ringraziamo 

Senza qui riprendere una più dettagliata analisi sulla numerosità degli infortuni, anche nel problematico ma indispensabile confronto con numero di occupati/ore lavorate (per il quale si rinvia a precedenti articoli), è evidente che nonostante tutti gli strumenti messi in campo, o comunque disponibili, la situazione complessiva non è soddisfacente e ormai da tempo sostanzialmente stabile; ed per di più assistiamo ad uno scoraggiante ripetersi di infortuni mortali o gravi con le medesime cause e circostanze.

Ma allora, cos’è che non funziona, perché i risultati non sono quelli attesi?  Ci possono essere tante risposte, magari tutte vere, perché il fenomeno ha molte cause, e non è detto che, come scriveva Pareto, ad un piccolo numero di cause corrisponda sempre un elevato numero di effetti. Ma riepiloghiamo, a mo’ di riassunto di tutti i precedenti articoli gli strumenti disponibili. Abbiamo in primo luogo tutti quelli in qualche modo obbligatori, assistiti da una qualche sanzione giuridica:

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La stella polare dell’universalismo in salute e in sanità

 

Fonte: Disuguaglianze di salute

 

La salute degli italiani è meno disuguale che in altri paesi europei grazie alla disponibilità di alcune risorse per la salute, tra cui l’accesso alle cure tramite il Servizio Sanitario Nazionale, gli stili di vita alimentari e la rete famigliare di aiuto, disponibilità ancora abbastanza uniforme tra gli strati sociali.  Si tratta di risorse fondamentali che hanno assicurato resilienza ai fattori ciclici di stress come le crisi economiche e sociali degli ultimi decenni, risorse quindi che vanno protette e rinforzate per continuare a promuovere salute e giustizia.

La pandemia ha insegnato nel bene e nel male che solo la concertazione tra responsabilità e politiche rilevanti per la salute, come quelle della sanità, dello sviluppo, del lavoro, dell’ambiente, dei trasporti, della scuola, della cultura e del tempo libero, è in grado di trovare le soluzioni adeguate per proteggere e migliorare i risultati di salute.

 

LABOSS è un laboratorio di idee che aiuta punti di vista e linguaggi differenti a confrontarsi sui temi più sensibili per l’universalismo in salute. Diverse discipline scientifiche (medicina e sanità pubblica, sociologia, economia, diritto), diversi ruoli di rappresentanza (amministratori, imprese e forze sociali, attivismo e comunicazione), diverse generazioni (giovani e vecchi professionisti) hanno così occasione di confrontarsi per comprendere meglio fenomeni anche controversi, come è accaduto nel seminario LABOSS di Fiesole 2023. A Fiesole si sono esaminati tre temi: la storia del sistema sanitario italiano alla luce dell’universalismo, la dialettica più recente del rapporto pubblico e privato in sanità, e l’impatto sulla salute (disuguale) di queste trasformazioni.  La documentazione preparatoria del seminario  è disponibile in copia al sito https://www.saluteinternazionale.info/2023/09/giornate-fiesolane-di-politica-sanitaria-6-8-settembre-2023-documentazione/. Si riassumono di seguito le principali conclusioni del seminario.

L’universalismo nelle cure e nella promozione della salute è la stella polare, di fondamento costituzionale, da seguire per continuare a garantire salute e benessere sempre più uguale nella popolazione e nei territori, sia in sanità che nelle politiche a impatto sulla salute.

Questo significa che il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza LEA nel Servizio Sanitario Nazionale SSN deve rimanere su base fiscale e proporzionale alle capacità contributive, senza facoltà di opting out. Ogni altra copertura assicurativa privata o corporate deve riguardare livelli di assistenza integrativi e non sostitutivi, e non deve dar luogo a benefici fiscali che sottraggano risorse al SSN.  Il severo sottofinanziamento di cui soffrono i LEA del SSN potrebbe trovare compensazione a svantaggio di altri livelli essenziali di prestazione LEP in altri settori delle politiche pubbliche, decisione che richiede una solida base di conoscenze sul beneficio marginale prodotto dai vari LEA e LEP, conoscenze che richiedono un’adeguata metrica di misura del beneficio di queste diverse forme di tutela.  L’alternativa del razionamento di qualche LEA non è percorribile in assenza di una metrica comparativa del livello di tutela assicurato da ogni LEA. Ulteriore possibilità è l’aumento del prelievo fiscale, soprattutto quello di scopo per venire incontro al modello della economia e finanza di impatto sociale. Infine rimane la possibilità di aumentare la produttività, che in sanità significa soprattutto agire sull’appropriatezza, fattore ancora poco esplorato e difficile da operazionalizzare.

Sul versante dell’erogazione, il  ruolo del privato accreditato deve essere regolato sotto regia pubblica guidata esclusivamente dalla necessità di coprire il fabbisogno in modo efficiente. La libera professione risponde alla legittima esigenza di libertà di scelta  del medico e dell’assistito, ma deve essere regolata esclusivamente nell’intramoenia con tetti compatibili con gli scopi di soddisfazione del fabbisogno in urgenza. L’esternalizzazione di attività del SSN, soprattutto quelle più legate alle funzioni core del SSN (come le PPP, i medici di emergenza a gettone, i gruppi di cure primarie, la digitalizzazione, le Case della Comunità) deve essere giustificata in base a trasparente verifica sperimentale di convenienza nel rapporto costo-benefici/sicurezza, valutazione che può essere esigibile come condizione di approvazione della esternalizzazione stessa.

E’ impegno di LABOSS contribuire a far crescere le conoscenze su minacce, rischi e opportunità per l’universalismo e farle circolare nelle sedi dove possono aiutare i processi decisionali ad essere meglio informati.

A cura di Giuseppe Costa, Università di Torino,

giuseppe.costa@unito.it

 

¿Mejora la sanidad cuando se privatiza?

nimito/Shutterstock

Juan Alguacil Ojeda, Universidad de Huelva; Angel R. Zapata-Moya, Universidad Pablo de Olavide; Carmen Rodríguez Reinado, Universidad de Huelva; Juan Antonio Córdoba Doña, Junta de Andalucía; Soledad Márquez, Junta de Andalucía y Vanesa Santos, Universidad de Huelva

Actualmente, existe una tendencia a la privatización de los sistemas sanitarios en la mayoría de países occidentales.

Los principales argumentos a favor de la privatización son que el aumento de la competitividad mejoraría la calidad del servicio y reduciría los costes a través de innovación y mejoras en gestión, además de aumentar las oportunidades de empleo.

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Colpire i bambini per punire i genitori.

 

Fonte Saluteinternazionale.info  che ringraziamo 

Chiara Saraceno

I due esempi più espliciti di sacrificio dei diritti dei figli per colpire i genitori riguardano i figli delle coppie dello stesso sesso e delle madri condannate penalmente. Le scelte del governo sulla famiglia.

Colpire bambini e adolescenti per punire i genitori. Non è una storia nuova e non solo italiana. Ma l’Italia, tra i paesi occidentali democratici, mostra una particolare pervicacia nel farlo, anche quando in contemporanea ci si lamenta della bassa fecondità e del crescente squilibrio tra le fasce di età a sfavore dei più giovani. Tra gli episodi più recenti, che vedono il governo in carica attivamente impegnato nel sacrificare i diritti dei bambini, in quanto figli, per colpire i genitori vi è il rifiuto della normativa europea circa il riconoscimento transfrontaliero della bigenitorialità nel caso di figli di coppie dello stesso sesso e la mancata approvazione della proposta di legge che mirava ad evitare che i figli piccoli di madri condannate al carcere siano di fatto sottoposti al regime carcerario. Aggiungerei la resistenza a concedere la cittadinanza italiana a bambini nati e cresciuti in Italia e in Italia scolarizzati, ma con genitori stranieri. Anche se in questo caso non si tratta direttamente di sacrificare i figli per punire i genitori, si tratta pur sempre di considerare questi bambini come pure appendici dei genitori, a prescindere dal fatto che la nazionalità di questi ultimi costituisca un mondo culturale e talvolta anche linguistico largamente sconosciuto ai figli. Aggiungo il paradosso di un paese, l’Italia, che riconosce la cittadinanza (incluso il diritto di voto) ai discendenti dei propri emigrati che spesso non conoscono l’Italiano e mai sono venuti neppure fuggevolmente in Italia, mentre lo ostacola a chi in Italia nasce e in Italia si forma.

 

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Alcuni indizi per una prova…

 

Fonte: SNOP.IT

Quando arriva un nuovo governo, anche politicamente molto diverso da quelli precedenti, è  lecito chiedersi “come andranno le cose per le materie di cui ci occupiamo?”.

Vediamo alcuni segnali recenti in tema di salute di tutti e di salute nei luoghi di lavoro.

Il disegno di legge “Calderoli” sull’autonomia differenziata “individua i principi per l’attribuzione di funzioni alle Regioni che abbiano chiesto l’accesso a forme e condizioni particolari di autonomia per una o più materie richiamate dall’art 116, terzo comma, della Costituzione” e “definisce le modalità procedurali di approvazione, modifica e cessazione di efficacia delle intese fra lo Stato e la singola Regione”. Si tratta di ben 24 materie che sono state riconosciute di potestà legislativa concorrente con lo Stato.  Tra queste la tutela e sicurezza sul lavoro, l’istruzione, la produzione il trasporto e la distribuzione dell’energia e, ancora, la tutela della salute e il governo del territorio.

Per leggere l’articolo completo vai alla fonte SNOP.IT

Crise des systèmes de santé en Europe : comment expliquer les difficultés françaises ?

Laurent Chambaud, École des hautes études en santé publique (EHESP)

Les systèmes de santé de nombreux pays européens sont en difficulté. Au Royaume-Uni, le manque de moyens pour le National Health Service (NHS) est criant depuis des années. En Espagne, des manifestations d’ampleur à la fin de l’année dernière demandaient de meilleures conditions de travail pour les soignants. En Italie ou en Allemagne, la crise de recrutement des soignants prend des proportions inquiétantes. Au Québec, des voix s’élèvent pour repenser en profondeur le système de santé.

La France, elle aussi, vit au rythme des crises de son système de santé. Elles ont précédé la pandémie de SARS-Cov-2, et reviennent régulièrement sur le devant de la scène. Cette fragilité, qui touche tous les secteurs, de l’hôpital au médico-social en passant par le secteur libéral. Quelles sont les raisons de cette situation de crise permanente ?

Le système de santé français

Les systèmes de santé qui ont été mis en place dans les pays occidentaux après la Seconde Guerre mondiale pouvaient à l’origine être classés en trois catégories : les systèmes nationaux de santé (pays scandinaves, Royaume-Uni, Italie, Espagne…), les systèmes de santé basés sur l’assurance-maladie (France, Allemagne, Pays-Bas…), et les systèmes de santé libéraux (États-Unis, Suisse).

Le système français s’est construit selon les principes de la seconde catégorie : l’offre de services de santé est en partie publique (majeure partie du système hospitalier notamment), en partie privée, et financée dans une large proportion par des cotisations sociales. Son fonctionnement repose sur l’articulation de différentes structures, qui assurent des niveaux d’attention aux personnes peu coordonnés entre eux : les soins « de ville » (notamment assurés par les professionnels libéraux, mais pas uniquement), l’accueil dans les établissements de santé, et les dispositifs d’accueil et de soutien médico-social et social (publics « fragiles », âgés ou porteurs de handicaps). Dans ce système, chaque patient peut en théorie choisir son médecin, généraliste ou spécialiste, et son établissement de santé.

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Why Do Politicians Weaponize Medicare? Because It Works


The Medicare wars are back, and almost no one in Washington is surprised.

This time it’s Democrats accusing Republicans of wanting to maim the very popular federal health program that covers 64 million seniors and people with disabilities. In the past, Republicans have successfully pinned Democrats as the threat to Medicare.

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I “nuovi” manicomi

Fonte : Saluteinternazionale.it che ringraziamo 

 

di Benedetto Saraceno

Le violenze di Foggia, all’interno dell’istituzione Don Uva, non rappresentano il caso isolato. Le violazioni dei diritti sono molto diffuse non solo a danno dei  pazienti dei servizi psichiatrici ma anche, e forse soprattutto, a danno di tutte quelle persone che, per disabilità e vulnerabilità, sono ospiti in strutture residenziali di varia natura.

Nella notte del 23 di gennaio i carabinieri e i NAS di Foggia hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di trenta operatori sanitari (infermieri e ausiliari) della istituzione Don Uva di Foggia. L’operazione ha coinvolto otto dipendenti della struttura, sedici operatori sociosanitari della società Universo Salute, tre operatori sociosanitari dipendenti della società Etjca spa, due educatrici professionali dipendenti della società Universo Salute e un addetto alle pulizie della La Pulisan srl. Alcuni di questi operatori sono stati messi in carcere, altri sono ai domiciliari e i restanti sono indagati senza misure coercitive. I reati contestati sono quelli di maltrattamenti aggravati, sequestro di persona e violenza sessuale ai danni di venticinque donne degenti.

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Garattini: “Investire nel privato non giova alla salute pubblica”

Fonte Scienzainrete che ringraziamo

Privatocrazia: oltre il mantra della parità pubblico-privato in sanità è l’eloquente titolo di un convegno organizzato dall’Istituto Mario Negri di Milano lo scorso 6 febbraio, e che ha affrontato con nettezza la contraddittorietà di un sistema sanitario nato pubblico nel 1978 e poi scivolato in una problematico condominio con la sanità privata, che in regioni come la Lombardia ha decisamente preso il sopravvento su una controparte pubblica via via più debole e impoverita. La fondamentale legge 833 del 1978 aveva fatto dell’Italia un avamposto dell’applicazione del costituzionale diritto alla salute nel mondo intero, sancendo l’universalità della copertura del Servizio sanitario nazionale.

In questo momento, il nostro sistema sanitario è ancora effettivamente universale. Tuttavia, alcuni principi stanno venendo meno, come quello per il quale tutti i cittadini devono essere curati nello stesso modo. Non è così, in un’Italia dove non solo permangono, ma si acuiscono, disparità di assistenza tra regione e regione così gravi da portare a una differenza di 13 anni di vita in salute tra chi abita in Alto Adige e chi abita in Calabria.

Accesso negato nel pubblico, le scorciatoie nel privato

Anche la globalità delle prestazioni erogate è ormai messa in discussione: la gamma delle prestazioni in capo al servizio sanitario è molto ampia nel testo di legge ma, nella realtà, i LEA (livelli essenziali di assistenza) che avrebbero dovuto essere il “pavimento” sotto il quale non bisognava scendere, sono ora una chimera irraggiungibile in molte situazioni nazionali: LEA e LEP (livelli essenziali di prestazioni) sono ormai diritti esigibili per prestazioni non disponibili, in termini di presenza regionale, di tempi d’attesa e di qualità non sufficiente. Infine, i ticket sanitari sono differenziati per regione, pur su LEA identici.

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La politica sociale nell’Unione europea: stato di avanzamento 2022. Il processo decisionale in una permacrisi

 

Fonte ETUI.ORG

All’inizio del 2022, le speranze erano alte che la pandemia di Covid-19 fosse in declino e che l’Unione europea (UE) potesse concentrarsi nuovamente sulla sfida principale di questo secolo: come affrontare in modo proattivo la transizione verde e digitale in modo socialmente equo e inclusivo. Ma l’invasione russa dell’Ucraina ha deluso queste speranze. La Realpolitik era tornata all’ordine del giorno, con l’UE che doveva capire come comportarsi con il suo vicino orientale. Da un giorno all’altro, la dipendenza dell’UE dai combustibili fossili russi è diventata un grosso grattacapo. Con l’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari, l’inflazione a due cifre ha alzato la sua brutta testa in tutto il mondo, provocando una crisi del costo della vita che ha spinto milioni di persone nella povertà, alimentando il malcontento popolare e mobilitando i sindacati, con la prospettiva di ulteriori disordini civili, proteste e scioperi. Ovviamente, tutto ciò ha avuto una grande influenza sul processo decisionale dell’UE: mentre l’aggressione militare russa all’inizio del 2022 ha spinto l’UE a rispondere con passi avanti senza precedenti nell’integrazione europea, ha anche evidenziato le debolezze del sistema di governance dell’UE. Una crisi sanitaria, una crisi economica e finanziaria e una crisi climatica si stanno svolgendo in parallelo, mentre in Europa è tornata la guerra su vasta scala. La domanda ora è se i “tempi normali” torneranno mai o se ci ritroveremo a vivere in uno stato di “permacrisi”. una crisi economica e finanziaria e una crisi climatica si stanno svolgendo in parallelo, mentre in Europa è tornata la guerra su vasta scala. La domanda ora è se i “tempi normali” torneranno mai o se ci ritroveremo a vivere in uno stato di “permacrisi”. una crisi economica e finanziaria e una crisi climatica si stanno svolgendo in parallelo, mentre in Europa è tornata la guerra su vasta scala. La domanda ora è se i “tempi normali” torneranno mai o se ci ritroveremo a vivere in uno stato di “permacrisi”.

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Health Action Zones (HAZ) per l’equità: un nuovo strumento per il PRP piemontese

 

Fonte : Disuguaglianze di salute   che ringraziamo

Nell’ambito delle attività preparatorie all’individuazione dei territori regionali sui quali implementare a livello locale gli interventi e le azioni previste dalle linee progettuali del Piano regionale di prevenzione (PRP), la regione Piemonte si è dotata di un nuovo strumento che aiuta gli operatori coinvolti nelle attività di piano ad individuare le aree oggetto degli interventi in ottica di equità.

A partire dalle esperienze maturate dal National Health Service (NHS) anglosassone degli anni 2000, lo strumento si pone due obiettivi fondamentali:

  1. individuare e costruire degli aggregati territoriali sufficientemente piccoli per catturare la variabilità e l’eterogeneità dei fenomeni che l’indice si propone di rappresentare, restituendo un’informazioni contestuale a livello di piccola area;
  2. individuare e mettere insieme disagio sociale e bisogno di salute espressi dalle popolazioni residenti in questi territori attraverso alcuni indici compositi.

Rispetto al primo punto, il lavoro ha utilizzato alcuni sistemi di classificazione geografica disponibili nel patrimonio informativo territoriale regionale che, opportunamente combinati tra loro, hanno consentito di costruire 323 Health Action Zones (HAZ) con una popolazione media di circa 13.000 abitanti a copertura regionale e a livello di granularità territoriale sub distrettuale. I sistemi di classificazione in questione fanno riferimento alle unioni montane e collinari, alle zone omogenee dell’area metropolitana torinese, ai grandi comuni dell’area metropolitana con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, ad alcune ex unioni socio-sanitarie locali (USSL) e per i capoluoghi di provincia, per tenere conto della variabilità intra cittadina dei grandi centri, a zone statistiche, quartieri e circoscrizioni. L’idea di fondo è che questi aggregati territoriali così ragionati consentano di catturare e discriminare meglio che dimensioni strettamente amministrative (comuni, distretti sanitari, ASL…), disagio sociale e bisogno di salute espressi dai territori piemontesi.

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E’ disponibile online la Rivista Lavoro e Salute dicembre 2022 con molti articoli su prevenzione, sanità, politiche sociali e sanitarie…

In questo fascicolo del 12 dicembre molti articoli interessanti in fattispecie sul destino del Servizio Sanitario Nazionale che con l’attuale governo è destinato ad essere ulteriormente definanziato e impoverito con un crescente dirottamento degli utenti alle prestazioni sanitarie offerte dal settore privato … in convenzione e/o a…pagamento. Un percorso che dovrebbe essere  contrastato con molta decisione, ma …..

Per scaricare il file .pdf della Rivista Lavoro e Salute clicca QUI 

Cortina fumogena

In questa epoca, mentre prosegue il taglio dei finanziamenti al Servizio Sanitario nazionale e alla Scuola Pubblica in Italia e in altri paesi europei è cominciata una corsa agli armamenti. Ingenti risorse vengono sottratte  dalla salute e e dall’istruzione per investirli negli armamenti. Per questi motivi abbiamo ritenuto utile postare questo articolo e il Report elaborati da TNI.  Il Transnational Institute (TNI) è un istituto internazionale di ricerca e advocacy impegnato a costruire un mondo giusto, democratico e sostenibile. Per quasi 50 anni, TNI ha servito da nesso unico tra movimenti sociali, studiosi impegnati e responsabili politici.

Fonte TNI –The Transnational Institute (TNI) 

‘Come gli stati stanno usando la guerra in Ucraina per guidare una nuova corsa agli armamenti? 
Rapporto

Dall’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, i governi occidentali hanno promesso un sostegno finanziario senza precedenti al militarismo, adducendo come giustificazione la minaccia rappresentata dalla guerra. I leader politici hanno ripetutamente ritenuto che questa risposta fosse ragionevole, proporzionata e necessaria per sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina e per dissuadere la Russia dall’avanzare ulteriormente verso ovest.

 

La militarizzazione dell'Europa dall'inizio della guerra in Ucraina

La militarizzazione dell’Europa dall’inizio della guerra in Ucraina

 

Dall’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, i governi occidentali hanno promesso un sostegno finanziario senza precedenti al militarismo, adducendo come giustificazione la minaccia rappresentata dalla guerra. I leader politici hanno ripetutamente ritenuto che questa risposta fosse ragionevole, proporzionata e necessaria per sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina e per dissuadere la Russia dall’avanzare ulteriormente verso ovest.

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Il vuoto sulla sanità

Fonte: Saluteinternazionale che ringraziamo

Autore : Marco Geddes da Filicaia

Nell’assenza di un adeguato progetto per il futuro della sanità pubblica nei diversi programmi elettorali c’è dell’altro. Non solo e non tanto le colpe passate. C’è un’assenza di pensiero.

Facile affaticabilità, pallore, mancanza di respiro, sono sintomi di anemia sideropenica.  La moria di topi un segno evidente dell’approssimarsi della peste. Costruire il nemico, da parte di un Governo, indica la trasformazione di tale istituzione in un regime.

Da alcuni segni, dall’esame del particolare si può presumere, o intravedere, un problema generale. Mi sono tornate alla mente queste considerazioni di fronte a una serie di sintomi che sembrano predittivi di una sistemica crisi del nostro Servizio sanitario nazionale. Si tratta di alcuni eventi, riportati dalla cronaca quotidiana, occorsi in queste ultime settimane.

Mi riferisco, ad esempio, non tanto alla situazione critica in cui versano molti Pronto Soccorso, ma ai conseguenti provvedimenti che sono stati presi in alcune realtà per tappare, alla meno peggio, tali falle del sistema di emergenza urgenza. Si dirà che sono provvedimenti occasionali, giustificati dalla necessità di mettere in atto, con immediatezza, un qualche rimedio e dalla mancanza di alternative. Forse sarà così, ma proprio per questo sono sintomi dello sfascio in cui, in molte situazioni, ci troviamo; segno evidente di aver, come si suol dire, “raschiato il fondo del barile” in assenza di soluzioni più adeguate e di lunga durata.

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L’anima smarrita del NHS

Fonte Salute Internazionale

Gavino Maciocco

“Rischiamo di passare da un paese in cui le persone almeno non devono preoccuparsi delle spese mediche, a uno in cui potrebbero dover scegliere tra riscaldare la propria casa o vivere con un ginocchio malsano per un anno.”

Poco prima che scoppiasse la pandemia COVID-19, nel dicembre 2019, The Guardian così denunciava la crisi del Servizio sanitario nazionale (National Health Service – NHS):  “I tempi di attesa per accedere ai Pronto soccorso, alla chirurgia di elezione, e alle cure oncologiche sono così peggiorati negli ultimi anni al punto da mettere a rischio di rottura la rete di protezione del NHS. I ritardi sono i peggiori da quando sono iniziate le registrazioni dei dati. I milioni di persone colpite da tempi di attesa sempre più lunghi stanno diventando probabilmente il problema più grosso per Boris Johnson, sul versante della sanità”.

Dopo quasi tre anni, con in mezzo una pandemia per lungo tempo fuori controllo, la crisi del sistema sanitario inglese è ancora più profonda come certifica un rapporto della British Medical Association (BMA) del 19 luglio 2022 (NHS backlog data analysis) dedicato all’analisi dei tempi di attesa o, come dice il titolo, del “lavoro arretrato” del NHS.  Il numero di persone in attesa di una cura o di un intervento chirurgico di elezione all’aprile 2022 era di 6,5 milioni (contro i 4,5 milioni del febbraio 2020 e i 3,2 milioni del settembre 2015).  Di queste 6,5 milioni di persone, 2,4 milioni sono in attesa da oltre 18 settimane, mentre la media generale dei tempi di attesa è 12,7 settimane. La situazione è particolarmente critica in campo oncologico dove solo il 65% di pazienti riceve il primo trattamento entro due mesi dalla segnalazione urgente del proprio medico curante. Le cose non vanno meglio nei reparti di Pronto soccorso (Accident&Emergency – A&E) dove nel giugno 2022 più di 22 mila persone hanno atteso più di 12 ore prima di essere ricoverate (3 mila in più rispetto al mese precedente).

La pandemia ha aggravato a dismisura la situazione di sofferenza del NHS, che però preesisteva a causa delle politiche del governo conservatore che da anni ha ridotto al minimo gli investimenti sul settore pubblico, privilegiando quello privato spingendo i pazienti a rivolgersi alle cliniche private, anche tramite assicurazioni private. Il dato più impressionante della crisi è il progressivo impoverimento della manodopera (workforce) pubblica, sanitaria e sociale, che sta alla base dell’insopportabile dilatazione dei tempi di attesa. Così insopportabile da richiedere l’istituzione di una commissione d’inchiesta della Camera dei Comuni (House of Commons), che lo scorso luglio ha reso pubblico un Rapporto dal titolo “Workforce: recruitment, training and retention in health and social care” (vedi Risorse) che si apre con questa categorica affermazione: “The National Health Service and the social care sector are facing the greatest workforce crisis in their history” (“Il NHS e il settore dell’assistenza sociale stanno affrontando la più grave crisi del personale della loro storia”).

Nel Rapporto si legge che al settembre 2021 erano vacanti 99.460 posti nel NHS e 105.000 nel settore sociale (gestito dalle amministrazioni comunali): in particolare nella sanità mancavano all’appello 12 mila medici ospedalieri, 6 mila medici di famiglia e 50 mila tra infermieri e ostetriche. La Commissione, per metà composta da membri conservatori, non esita ad accusare il Governo (conservatore) di negligenza e di reticenza nel rispondere alle domande. Si scopre, ad esempio, che nel 2017 il Governo decise di bloccare l’erogazione delle borse di studio per gli studenti di Infermieristica. Un provvedimento, adottato nell’ottica di tagliare la spesa sanitaria, che provocò una drastica riduzione delle iscrizioni al corso (da 51.840 nel 2016 ai 40.060 nel 2017). Le borse di studio furono reintrodotte nel 2020 (all’inizio della pandemia), ma il danno era stato fatto provocando la carenza di decine di migliaia di infermieri nel momento di maggiore bisogno.

E poi ci sono gli effetti deleteri della Brexit che ha innalzato barriere spesso insormontabili per l’accesso nel Regno Unito di personale sanitario e sociale straniero. Il Regno Unito ha da sempre fatto affidamento sugli stranieri per ricoprire posti vacanti di medici, soprattutto medici di famiglia, infermieri e operatori sociali, ma ora le procedure per stranieri che cercano di ottenere il visto per lavorare in UK sono, per ammissione della commissione parlamentare,  “lengthy and opaque, complex, difficult and expensive with potential inconsistencies, and in need of regulatory reform to make it proportionate and streamlined to assist in ethical overseas recruitment”.  Insomma, un disastro. Il massimo dell’incongruenza (inconsistency) si registra nell’arruolamento del personale sociale: qui per ottenere il visto è necessario essere in possesso di un contratto di lavoro con un reddito annuale non inferiore a 20.840 sterline, quando il reddito medio nazionale di questi operatori è di molto inferiore, 17.900 sterline.

Infine, la stoccata conclusiva: “Il rifiuto del governo di rendere pubblici i dati sulla workforce significa che la domanda che ogni operatore sanitario e sociale si pone: stiamo formando personale sufficiente per soddisfare i bisogni dei pazienti? è destinata a rimanere senza risposta”.

La pubblicazione del Rapporto ha suscitato un’ondata di indignazione e di proteste, anche perché avvenuta all’indomani delle dimissioni da Primo ministro di Boris Johnson, travolto da una marea di scandali, oltre ad essere ritenuto responsabile del collasso del NHS. Non l’unico, s’intende. Perché la crisi del NHS parte da lontano e vede nel partito conservatore – e nei vari Primi ministri che si sono succeduti, da M. Thatcher, D. Cameron, T. May fino a B. Johnson – il soggetto politico più ostile nei confronti del servizio sanitario pubblico, e così riluttante a finanziarlo, come dimostra la Figura 1, tratta da un servizio della BBC.

Figura 1. Incremento annuale della spesa sanitaria in %, a seconda del Governo in carica (dal 1955 al 2015).

 

Quando il NHS è stato fondato nel 1948 da Aneurin Bevan – si legge in un editoriale del The Guardian del 31 luglio scorso – , aveva alla base tre principi fondamentali: a) che avrebbe soddisfatto i bisogni di tutti, b) che sarebbe stato gratuito al momento dell’erogazione delle prestazioni e c) che sarebbe stato basato sul bisogno clinico, non sulla  capacità di pagare. Coloro che sono preoccupati per le minacce all’esistenza del NHS di solito si concentrano sul rischio che venga smantellato il principio della gratuità nel punto di utilizzo. Ma la minaccia politica di gran lunga più significativa, come stiamo vedendo in questo momento, è la progressiva erosione della garanzia che riesca a soddisfare i bisogni di tutti, a causa del persistente sottofinanziamento e della mancata formazione del personale di cui ha bisogno”.

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La pandemia della disuguaglianza By Oxfam International 17 Agosto 2022

 

Articolo già pubblicato da Antropocene che ringraziamo

Fonte: Climate&Capitalism – 03.07.2022

La ricchezza miliardaria è aumentata a dismisura durante la pandemia da Covid-19, grazie alle aziende del settore alimentare, farmaceutico, energetico e tecnologico. Nel frattempo, milioni di persone in tutto il mondo stanno affrontando una crisi del costo della vita a causa dei continui effetti della pandemia e del rapido aumento dei costi dei beni di prima necessità, tra cui cibo ed energia.


Estratti da PROFITING FROM PAIN, un documento informativo pubblicato nel maggio 2022 da Oxfam International.

La ricchezza miliardaria e i profitti aziendali sono saliti a livelli record durante la pandemia da COVID-19, mentre oltre un quarto di miliardo di persone in più potrebbero precipitare verso livelli estremi di povertà nel 2022 a causa del coronavirus, della crescente disuguaglianza globale e dello shock dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari sovralimentato dalla guerra in Ucraina. La ricerca di Oxfam ha rilevato che:

I miliardari hanno visto le loro fortune aumentare in 24 mesi tanto quanto in 23 anni.

I miliardari del settore alimentare ed energetico hanno visto le loro fortune aumentare di un miliardo di dollari ogni due giorni. I prezzi del cibo e dell’energia sono aumentati ai livelli più alti degli ultimi decenni. Sono stati creati 62 nuovi miliardari del settore alimentare.

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Germania.Schizzano al 16.2% i contributi per le assicurazioni sanitarie: la nuova legge di Lauterbach

 

16.2%
Il ministro della sanità Karl Lauterbach (SPD). Sandro Halank, Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Mercoledì il ministro della sanità Lauterbach ha annunciato il contenuto della nuova legge con cui la Germania si prepara a contrastare il deficit record delle Assicurazioni Sanitarie, stimato in termini di 17 miliardi, secondo l’Handelsblatt. Non era esattamente un secreto e contributi più alti a partire dal 2023 erano già stati annunciati, anche da noi, ma finalmente si conosce l’entità dell’aumento: si parla di contributi pari al 16.2% del salario lordo.

Oltre a far arrivare la soglia dei contributi al 16.2%, Lauterbach intende attingere anche dalle riserve delle stesse Casse Malattia e dal Fondo per la salute, a cui tuttavia garantisce sovvenzioni e prestiti da parte del governo, e di praticare un prelievo supplementare dall’industria farmaceutica. Lauterbach sostiene che questa combinazione di misure abbia lo scopo di far rientrare la crisi, senza però attuare tagli alle prestazioni sanitarie erogate.

 

Assicurazioni Sanitarie Obbligatorie: i contributi salgono al 16.2%

Il deficit delle Assicurazioni Sanitarie Obbligatorie è una bella patata bollente per il governo di Scholz e in particolare per il ministro della sanità, Karl Lauterbach. L’esponente dell’SPD, principale responsabile delle politiche tedesche sulla salute, ha annunciato mercoledì il contenuto della proposta di legge a cui ha lavorato nel corso delle ultime settimane e che è stata approvata dal governo.

Per far fronte al disastro, in un momento in cui incombono anche l’inflazione e l’aumento dei costi dell’energia, il ministro ha deciso di alzare il contributo aggiuntivo da versare alle Casse Malattia di 0,3 punti, che uniti all’aumento dell’1,6% già predisposto, portano l’aliquota generale dal 14,6% al 16,2% dei salari lordi. Il provvedimento, che entrerà in vigore dal 2023, riguarderà circa 57 milioni di iscritti. Il totale dei contributi sociali salirà inoltre e conseguentemente al 40,45%, superando, per la prima volta dal 2012, la soglia del 40%.

 

Prelievi anche dalle riserve delle Assicurazioni. Lauterbach: “Puntiamo a non tagliare le prestazioni sanitarie”

Per far fronte alla crisi, tuttavia, il governo preleverà anche le risorse delle stesse Casse Malattia e del Fondo sanitario, con una pressione pari a 6,4 miliardi di euro. Le Casse dovranno fornire un contributo di solidarietà di quattro miliardi di euro dalle loro riserve, mentre dal Fondo sanitario saranno prelevati 2,4 miliardi. Il governo aumenterà inoltre di 2 miliardi l’attuale sussidio federale per l’Assicurazione Sanitaria Obbligatoria e concederà alle Casse e al Fondo sanitario un prestito di un miliardo a zero interessi. Gli sconti che le aziende farmaceutiche hanno l’obbligo di concedere alle Casse per i farmaci protetti da brevetto, infine, verranno aumentati dal 7 al 12% per cento per un anno. Provvedimento che ovviamente scontenta anche l’industria del farmaco. Lauterbach ha specificato che questa combinazione di misure punta a contenere i costi senza tagliare le prestazioni agli assicurati e senza gravare su di loro in modo sensibile.

Protesta a gran voce il presidente dell’AOK del Baden-Württemberg, Johannes Bauernfeind, infastidito dal fatto che Latuerbach abbia dichiarato che gli assicurati non saranno gravati da oneri significativi. “Questo è un tentativo deliberato di nascondere gli oneri reali” ha commentato Bauernfeind, che sostiene che anche un aumento di pochi punti comporterà un problema per molti, inclusi i datori di lavoro, specie in questa congiuntura di crisi generale. Bauernfeind è inoltre chiaramente irritato dal fatto che le stesse Assicurazioni subiranno prelievi. Ha ribadito che le Case Malattia si sostengono grazie ai pagamenti degli assicurati o dei loro datori di lavoro e ha dichiarato che attingere dalle riserve delle assicurazioni, senza attuare riforme strutturali del sistema sanitario, non potrà che ricadere sui contribuenti.

 

 

Riteniamo utile e importante condividere questa bozza del Regolamento che delinea le modalità di riordino dell’Istituto Superiore di Sanità.

 

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Per scaricare il file pdf  del documento clicca QUI 

 

 

La lettura del documento suscita diverse perplessità in particolare per quanto attiene la questione della tematica della prevenzione in materia di infortuni e malattie professionali. Questa tematica che ha un peso rilevante per quanto riguarda la tutela e la promozione della salute della popolazione viene allocata nell’area delle competenze della Direzione Ambiente Salute. Nel comma b) dell’art.7 ci troviamo di fronte ad una definizione generica e confusa nella quale si fa riferimento ad una “prevenzione universale delle esposizioni ad agenti chimici, biologici e psicosociali nell’ambiente naturale, nell’ambiente di vita, nelle acque destinate al consumo umano e… nell’ambiente di lavoro..”
Sarebbe interessante comprendere cosa gli estensori della bozza abbiano voluto dire con questo comma e saremmo pure curiosi di conoscere meglio la definizione di “agenti psicosociali” su cui fare prevenzione… In un certo senso questo documento, qualora non venisse emendato e riscritto per quanto attiene la tematica della prevenzione della salute e della sicurezza nel lavoro, testimonia la separazione culturale, scientifica e operativa che il Ministero della salute sta praticando da tempo rispetto alla tematica “lavoro salute”. Non sono sufficienti i commi p) e q) per “recuperare” il pastrocchio del comma b) dell’art.7.
I rapidi e rilevanti cambiamenti che stanno avvenendo nel lavoro, le nuove modalità di lavoro sempre più ritmate e plasmate da algoritmi e sistemi di AI richiederebbero una definizione certa delle competenze della DG Ambiente Salute di ricerca e monitoraggio sugli impatti sulla salute dei lavoratori nei nuovi contesti lavorativi in collaborazione con le Università e la rete dei Servizi di Prevenzione delle ASL.
Verosimilmente questo non pare interessare. Si preferisce la delega a Inail e/o al IdL con la riduzione dell’intervento alla mera vigilanza antinfortunistica. Tutto ciò in piena coerenza con il percorso normativo già messo in atto con la recente e pessima norma 215/2021. Per questi motivi invitiamo i lettori e le lettrici ad una lettura attenta di questa bozza di Regolamento…

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